Luisa Gardini | 1965 - 2015

January 28 - March 9, 2016

Opening reception: Wednesday, Jan 27, 6 - 8 pm

Piazza Montevecchio 16, 00186 Rome

ESTRATTI

Ovunque, altrove, pittura o scultura (quella scultura povera che – assolutamente tempestiva nell’alveo delle esperienze internazionali del post-minimalismo sarebbe bastata, da sola, a darle una più intera riconoscibilità: non fosse stata, lei, così pervicacemente appartata; e alla quale, con freschezza e felicità, Gardini è tornata frequentemente questi ultimi anni) sembrano ripiegarsi su sé stesse, cercando un centro, un grumo, un nodo che dica, senza narrarlo, il cuore di una memoria. A bassa voce, col timbro di chi affabuli invece di comunicare, e argomenti solo a sé stesso.

(Fabrizio D’Amico)

Per Luisa la pittura è pura attività dello spirito, ermetica e personale. Per molti anni ha lavorato in segreto, quasi di nascosto, come se il suo lavoro, così importante e fondante, dovesse rimanere misterioso e laterale in un mondo dove le cose della vita sono così determinanti.

(Nunzio)

Perché anche per Luisa «scrittura» è logorio e insieme labirinto. Quella scrittura che è un falsificare lo scrivere, ripercorre a occhi chiusi l'errore, frugare senza trovar nomi. Peso del sangue sulla carta. Se lembi intrisi si sollevano è per via della frusta...
Allora il materismo di Luisa non sarà quello magico, e l'oggettualità non sarà dada e la grafia non sarà concettuale. Nè qualche suo ingombro o scoria recuperata potranno essere gabellati per pop. In Luisa non irrisione, non metafisica, non satanismo. E, a dio piacendo, neanche assurdo.

(Toti Scialoja)

A che si deve tanta furia, il bisogno di far presto e subito? Di lontano in lontano arretro fino alle prime emozioni che mi ha dato la pittura di Luisa - quel turbamento che suscita per associazioni di cui si vorrebbe disfarsi come improprie, fantasiose, la chiacchiera nella quale inevitabilmente si cade quando si tenta di trovare un nesso tra figura visiva e la parola.

(Gabriella Drudi)

La veglia non riesce a ospitare se non come tracce di un'intensa passione. Una Grafia dilatata da una lente magica, ingigantita al modo in cui il microscopio testimonia alle volte l'incidersi di un insetto sulla sabbia: sono oscuri varchi illustrati nella carta, canyon dentro cui si coglie il tremolare della mano, la sua fibrillazione, il bruciare della vitalità.

(Enzo Siciliano)

Ma dentro quel dolente, nero tumulto, al di là di quell'ansia rapinosa di affermazione-negazione, traspare come una memoria di garbata eleganza affiora improvvisa la tenerezza, una vibrante sensibilità. Come se quella scrittura si rivelasse la segreta registrazione di una musica appena mormorata: o meglio come una di quelle musiche che ascoltiamo sognando e delle quali ci resta nell'orecchio, al risveglio, una labile traccia, un ricordo inafferrabile. Così sono i segni di Luisa...

(Giuliano Briganti)

...come nei disegni, anche nelle recenti sculture, di ceramica o di cartone ricoperto di caolino, le immagini finali si formano per accumulo e stratificazione di materiali e forme, di oggetti e disegni, come avviene nell’opera dell’artista sin dai suoi esordi negli anni Sessanta.

(Paola Bonani, scritto per l’esposizione “Carte e Sculture”, Roma 2014)

Ho conosciuto Cy Twombly nel 1957 e, grazie a Toti Scialoja, il mio insegnante, che era il punto di contatto con la scena americana allora presente a Roma, anche De Kooning, Rothko e Calder vennero in città. Sicuramente c'è stata una grande influenza, soprattutto sull’Arte Povera, ma ci tengo a precisare che non ne ho fatto parte.
Piuttosto, i miei punti di riferimento sono stati il Neo Dada e l'Espressionismo Astratto americano insieme ai lavori di Burri, Scialoja, Afro, l'uso della materia di Dubuffet e i segni di Matisse.

(Luisa Gardini, da una conversazione con Bruce Haines, 2015)